Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia sono 60 le città che non rispettano i parametri ambientali stabiliti dalle linee guida sanitarie.
I limiti previsti dall’OMS fissano una media/anno di Pm10 non superiore ai 20 microgrammi per metro cubo, laddove si fatica a rispettare persino la meno stringente normativa europea che fissa invece a 40 microgrammi per metro cubo la media annuale "sostenibile".
Purtroppo (ma questa non è ceto una novità) nel nostro Paese la situazione è fuori controllo da decenni, complice naturalmente una politica totalmente priva di visione e spesso di volontà: il 2020 non ha fatto eccezione, e ci restituisce una fotografia desolante dell’aria che respiriamo in moltissime aree della penisola e in particolar modo nella quasi totalità della Pianura Padana e praticamente in tutte le aree metropolitane.
"Mal’aria", il report annuale di Legambiente, parla chiaro: su 96 capoluoghi di provincia analizzati, 35 hanno superato almeno con una centralina il limite previsto per le polveri sottili (Pm10), ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo.
Torino, ancora una volta, registra i dati peggiori, seguita da ben 4 città venete (su un totale regionale di 7), ma le cose non vanno meglio nè a Milano o Roma.
Una situazione questa, ben nota da decenni ormai, che rappresenta il risultato prevedibile e previsto di una assoluta mancanza di ambizione dei Piani Nazionali e Regionali in tema di lotta all’inquinamento che si unisce alla puntuale elusione o raggiro degli accordi e dei programmi sottoscritti da parte della quasi totalità dei soggetti coinvolti.
Un esempio su tutti, il continuo procrastinare la messa al bando dei veicoli diesel più inquinanti (responsabili di circa il 30% dell’inquinamento da NO2 nelle nostre città) in un continuo gioco al rinvio e alla deroga.
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